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Dove allenarsi: ecco perché è importante creare un ambiente sano

 

Diventa sempre più difficile trovare un luogo “SANO”, ma potremmo anche dire sereno, dove poter apprendere le arti marziali e perfezionare uno stile di combattimento soprattutto per l’erronea idea che insegnare arti marziali significhi dover creare soldati perfetti o picchiatori brutali ispirandosi a modelli di addestramento come quello militare o dei film d’azione che poco hanno a che vedere con la realtà quotidiana.

Ma procediamo per gradi, cosa si intende per ambiente “sano”?

Un ambiente, dove per prima cosa si pensa allo studente e alla sua incolumità. Imparare arti marziali vuol dire correre dei rischi. Anche per gli stili in cui non si ricorra al contatto pieno, si rischia comunque di essere accidentalmente colpiti in zone del corpo dolorose o colpire noi stessi i nostri compagni di corso. I rischi vanno ridotti al minimo, insegnando anche a tenere a bada i colpi.

Il lavoro, può essere stressante e ripetitivo, può creare frustrazioni, se qualcosa non ci riesce o se un compagno in modo più o meno volontario si comporta in modo scorretto. E’ compito dell’insegnante, in questi casi, fare in modo che il lavoro sia il più possibile ben distribuito, che gli animi dei praticanti non si scaldino troppo e che gli esercizi siano coinvolgenti ma non opprimenti.Al praticante è invece riservata la parte che riguarda la cooperazione e il rispetto tra allievi mantenendo una condotta priva di critiche e fanatismi.

E tu? Cosa ne pensi? Dì la tua nei commenti!

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Arti marziali: non solo autodifesa

 

In genere, il percorso di un marzialista inizia con l’autodifesa e finisce in una dimensione quasi spirituale che, spesso, non ci si aspettava.

La prossima volta, dopo un allenamento, cerchiamo di fare un piccolo esercizio di introspezione. 

Come ci sentiamo? Rilassati, un po’ stanchi, sicuri di aver imparato o perfezionato qualcosa e, soprattutto, di aver allontanato per un’ora e mezzo i nostri mille problemi quotidiani piccoli o grandi che siano? Se è così, abbiamo lavorato bene, altrimenti cerchiamo di fare di meglio la prossima volta. 

L’autodifesa è anche dalle invasioni esterne: il chiacchiericcio della mente, il telefonino, le mail, il lavoro, le rotture di scatole. 

La pratica, qualunque pratica, deve essere un’oasi per la mente. 

E se ci dovesse mai capitare (speriamo di no) di dover mettere in pratica quello che ci hanno insegnato in uno scontro reale scopriremo che tutto funziona. Anche l’atteggiamento mentale. 

Soprattutto quello.